Firenze, poco dopo la metà dell’Ottocento, attraeva giovani artisti da ogni parte del Paese. Certi la raggiungevano perché non resistevano al fascino dell’“Atene d’Italia”, la città culla del Rinascimento, altri fuggivano dai moti risorgimentali perché il Granducato garantiva una maggior apertura politica. Il punto di ritrovo era il Caffè Michelangelo, dove ferveva una costante discussione sui problemi dell’arte, con una posizione unanime contro l’accademismo ufficiale. È qui che convenzionalmente nasce la “macchia” – “l’arma” contro la pittura tradizionale – e si formano i “macchiaioli”.
Essi teorizzarono l’uso della “macchia” come strumento pittorico per raccontare la realtà quotidiana, cogliendo gli aspetti più vivaci della contemporaneità. Questi pittori – Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Adriano Cecioni, Giuseppe Abbati – prediligevano soggetti “reali” nella vita rurale, dalle attività lavorative e dalle campagne toscane secondo un intento realistico lontano dalla pittura celebrativa fatta da ritratti su commissione.
Tra questi vivaci pittori c’era anche un ragazzo livornese in cerca di stimoli nuovi: Giovanni Fattori. A lui, nel bicentenario della nascita, è dedicata la mostra “Giovanni Fattori 1825-1908. Il ‘genio’ dei Macchiaioli” a cura di Fernando Mazzocca, Giorgio Marini ed Elisabetta Matteucci, nel Centro per le arti contemporanee XNL di Piacenza, dal 29 marzo al 29 giugno.
Considerato il maggiore pittore della macchia e forse di tutto l’Ottocento italiano, ha saputo interpretare liberamente la natura, il paesaggio, cogliendo i suoi eroi, nel senso più umano, tra chi accettava la propria sorte, fossero soldati o lavoratori nei campi della sua amata Maremma. La mostra si concentra proprio su questi aspetti peculiari, proponendo una rilettura della figura dell’artista in rapporto al panorama dell’arte italiana del XIX secolo. Tra i dipinti proposti il popolare In vedetta, Il muro bianco, del 1874 o la Signora in giardino, del 1875, di sapore impressionista, che propone però una luce diversa, quella intensa della costa mediterranea livornese. L’esposizione si conclude con un’apertura al contemporaneo, dove l’arte di Elger Esser attiva riflessioni tra epoche diverse.
Un po’ di anni fa andai espressamene a Livorno a visitare il “Museo civico Giovanni Fattori” e a lui ho voluto dedicare la copertina di una raccolta di testi scritti da me (chiamarlo libro mi sembrerebbe eccessivo).
Un piccolo motivo di soddisfazione: se Alessandro Manzoni aveva venticinque lettori per i “Promessi sposi”, la mia raccolta (dati alla mano verificabili sul sito da cui si può scaricare) ne ha avuto qualcuno in più, forse perché il mio è a disposizione gratuita e Manzoni si sottostimava eccessivamente.
Tiziano Conti